Il paradiso caraibico

Sesso ai Caraibi

Quella era la sua vita e non l’avrebbe mai scambiata con quella di nessun altro.
Stava sorseggiando un drink ghiacciato dalla sua noce di cocco, seduto sulla sedia della veranda del piccolo bungalow che si affacciava sull’oceano.
Il paradiso caraibico era il massimo che si poteva chiedere. L’alcol, le donne e tutto il resto era alla portata di chiunque.
Era partito da circa due anni e la sua vita non era mai stata così bella e splendente. Accese una sigaretta e, guardandosi alle spalle, osservò le due ragazze che dormivano nel suo letto.
Il mondo gli stava stranamente sorridendo, forse di rimando a tutti quegli anni di pessimismo cronico che gli aveva regalato senza che lui gliel’avesse chiesto.
Entrò nella stanza, continuando a fumare. Erano molto belle e se avesse sommato le loro età, non sarebbero arrivate nemmeno a quarantatré anni. Era perfetto.
Cominciò a massaggiarsi il pene, per prepararlo a sfogarsi con quelle due bellezze. Era quasi un peccato svegliarle, perché sembravano due angioletti dormienti, ma a lui servivano dei diavoli e degli angeli non sapeva cosa farsene.
Si avvicinò silenziosamente verso una delle due ragazze, con un erezione che aveva liberato dalla costrizione del costume da bagno.
Posò il suo pene sulle labbra della ragazza, ancora immersa nel mondo dei sogni. Si svegliò dopo poco e lo guardò spaventata, per poi riprendersi dallo shock del risveglio.
Iniziò a crucciarglielo con quelle sue labbra rosee e carnose, spiattellandogli la lingua sopra, esattamente come avrebbe fatto con un gelato molto buono.
Le piaceva succhiare il cazzo, per quello aveva scelto di farlo di professione; non finivi a fare la puttana se, almeno un po’, non ti piaceva il cazzo.
Lui era abituato a farselo succhiare da bellezze del genere, perché in quel posto le ragazze erano tutte quante delle bellezze prorompenti e, cosa da non sottovalutare, estremamente disponibili a scaldare il letto ad un bianco con la grana.
-Sveglia un po’ la tua amica… voglio che ti lecchi la figa, così godi un po’ anche tu.- disse, accarezzandole la faccia premurosamente.
Svegliò la sua collega e, dopo averle spiegato il tutto in una lingua incomprensibile, questa iniziò a leccarle la vagina, proprio mentre lei riprese ad inghiottire il pene di Marcello.
Si trovava nel posto più bello del mondo, intento a farselo ciucciare da una figa di prima classe, mentre tutte le persone che conosceva stavano sgobbando in qualche piccolo ufficio cittadino, per una vita che non era e non sarebbe mai stata la loro.
Continuava a guardare quella faccia, intenta a salire, scendere, salire e scendere ancora una volta, stimolando in lui un piacere intenso.
-Quanto mi fai godere!- disse.
Non ricordava il suo nome e non poteva immaginare nulla di più romantico di quella circostanza.
L’altra ragazza stava leccando la figa alla spompinatrice. Era più alta di quella che gli stava leccando le palle, ma un po’ meno bella; anche se ovviamente quella non era una gara a chi era più bella.
Nel mondo reale non esistevano bellezze del genere, o almeno non esistevano per quelli come lui. Solamente i più ricchi potevano permettersi pompini di quella levatura, ma lui nei Caraibi era un ricco, anche col suo misero stipendio.
-Quando sto per venire te lo dico… voglio sborrare in faccia alla tua amichetta.
Sapeva che l’altra ragazza non amava lo sperma in faccia e proprio per quello aveva deciso che la destinataria del suo orgasmo sarebbe stata lei. Era tutta una questione psicologica.
Non era la ricerca del piacere, quanto più dello squallore che ne conseguiva.
-Come lo succhi bene. Dovresti dare lezioni di pompinologia in un college.
Lei succhiava, lasciandosi scorrere addosso quella parole. Era l’unico modo per fare quel lavoro senza impazzire del tutto. Passava la maggior parte della sua giornata a succhiare cazzi e almeno lui era giovane e non vecchio e ciccione.
-Levati dal cazzo.- disse, avvicinandosi alla sua amica.
La prese per i capelli e la sollevò dalla vagina dell’altra prostituta, centrandole la cuffia col suo sperma bianco ed appiccicaticcio.
La ragazza trattenne un conato di vomito e lui si eccitò ancora di più nel notare quel piccolo particolare.
Una volta terminato il tutto, le diede uno schiaffetto e disse -Adesso fuori dalle palle tutte e due… devo riposarmi un po’ prima di andare a lavorare.

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